CHIESA DI SAN NICOLA PELLEGRINO
La piccola chiesetta dedicata a San Nicola Pellegrino presenta una semplice struttura architettonica. Più volte rimaneggiata crollò nel 1619 ma grazie all’intervento del Vescovo Antonio Sanfelice (28 novembre 1707 - 1 gennaio 1736), come riportato dall’epigrafe che decora la trabeazione, nel 1730 fu ricostruita dalle fondamenta e con copertura a botte. Di estrema importanza risulta essere il blocco marmoreo custodito al suo interno, entrando, sul lato sinistro. Tale reperto costituisce un eccelsa testimonianza del nostro passato. Riporta infatti, tra le varie note, la data di costruzione del tempio. Esso rappresenta il più antico reperto datato pervenuto fino ai nostri giorni. Poiché la ricostruzione della memoria storica di un popolo si fonda anche sulle fonti materiali che ne testimonino l’evoluzione, la comunità di Racale può certamente partire da tale documento per approfondire tutto il discorso del suo nobile passato. L’epigrafe ricorda alcuni attributi del Santo che soggiornò a Racale, il nome del committente dell’opera e la data della sua fondazione:
HAEC DOMUS EST UBI NICOLAUS TEMPORE PRISCO PERMANSIT SANCTUS DICTUS PEREGRINUS AB OMNI CIRCUIT ILLE SOLUM POPULOS LOQUENDO SEQUELAM CHRISTIDAE CRUCIS QUAM GESSIT CORDE MANUQUE HOC HOPUS FIERI FECIT IORDANUS DE RACLIS ANNO DOMINI M. C.L XXXVI. INDICT. IV.
Trad.
“Questa è la casa in cui in tempi antichi dimorò San Nicola detto da tutti Pellegrino.
Egli andò in giro per il mondo fra i popoli predicando la sequela della croce di Cristo che portò nel cuore e in mano.
Questa opera fece fare Giordano di Racale. Nell’anno del Signore 1186. Indizione IV”.
La datazione è espressa secondo i canoni vigenti nel corso del Medioevo che, in alcuni casi, furono osservati anche nell’età moderna fino all’inizio del XIX secolo. Essi stabilivano che l’indicazione dell’anno fosse corredata di un parametro fondamentale per la sua identificazione: l’indizione. l'Indizione fu inizialmente segnata solo in documenti di carattere fiscale, poi per volontà dell'Imperatore Costantino I fu adottata, dal 313 d.C., come elemento cronologico di tutti i documenti. Tale funzione era espressa da un numero compreso tra 1 e 15 e rappresentava il posto occupato dall’anno in questione in un ciclo cronologico di quindici anni.
Per calcolare l’indizione, nel sistema occidentale, all’anno preso in esame si somma il numero 3. La somma ottenuta viene divisa per 15. Il resto della divisione rappresenta l’indizione. Questo sistema di datazione era in vigore a Racale nel XII secolo.
Nel 1186, dunque, fu edificato il tempio in onore di San Nicola Pellegrino dal committente Iordanus de Raclis. ( Giordano da Racale; il Sig. Giordano è identificato mediante la sua provenienza espressa in forma latina con de + il caso ablativo del toponimo che, pur romanizzato in Raclae - Raclarum , da quanto afferma l’insigne Roholfs , conservò la sua radice greca ).
San Nicola durante il suo pellegrinaggio a Roma, avvenuto sul finire del XI secolo, soggiornò, dunque, a Racale. Fu canonizzato quasi subito dopo la sua morte avvenuta nel 1096 a Trani, dove attualmente sono custodite le sue spoglie, presso la rinomata cattedrale. Nel 1186 un certo Giordano, di Racale, gli dedicò una chiesetta dove insisteva la casa in cui Nicola dimorò. La Tradizione locale tramanda un aneddoto del tutto singolare che risale al soggiorno racalino del santo.
Si racconta che il giovane pellegrino, di lingua greca, innamorato di Cristo, forestiero, si intratteneva quotidianamente con i fanciulli del borgo per parlare loro di Gesù. Gli adulti ed in particolar modo i genitori dei piccoli, nutrendo una certa diffidenza verso lo sconosciuto che riusciva a conquistare simpatia ed attenzione, un giorno presero la decisione di indurlo ad allontanarsi da Racale, minacciandolo con bastoni e forche. Anche i ragazzi, influenzati dall’atteggiamento degli adulti, raccolsero delle pietre e cominciarono a lanciarle contro il Santo mentre costui si allontanava da loro. La sassaiola terminò, allorquando, un sasso si trasformò improvvisamente in un cuore palpitante nelle mani di un bambino, così come l’artista lo ha rappresentato nella tela relativa al Santo, restaurata dalla famiglia Quarta Colosso, di Racale, agli inizi del XX secolo e custodita, attualmente, nella sagrestia della Chiesa Matrice. La tradizione ci tramanda che, tra lo sbigottimento di tutti i presenti, Nicola lanciò un grido dicendo: “Vale Racle, terra fertilis pastanacarum” (Addio Racale fertile terra di pastinache!!!)
Gli abitanti dei paesi vicini appellarono Pazzi i racalini per l’atteggiamento assunto nei confronti del giovane che poco dopo fu beatificato. Anche oggi vige il detto “ i pacci te Racale ”
La figura del viandante Nicola, un greco, un ortodosso, un povero, un semplice, fu, con sospetto, codificata da numerose persone come estranea, pericolosa, ambigua, e per ciò trattata con superbia con sufficienza ed arroganza e, dunque, cacciata con la forza della violenza. A nulla valse la bontà di Nicola nel cercare di dirimere la controversia e di placare gli animi di persone la cui mente offuscata non consentì di cogliere, invece, quei valori di cui Nicola era portatore, quali ad esempio, la sua mitezza, la sua docilità, e la sua testimonianza dei valori del vangelo. In tal modo Nicola diviene l’inconsapevole immagine di colui che viene scelto tra i deboli per distruggere quelli che si credono forti, tra gli ignoranti, per ricoprire di vergogna i sapienti, e tra quelli che sono disprezzati per distruggere quelli che pensano di valere qualcosa. Così è scritto nella prima lettera ai Corinzi di San Paolo. Possiamo ben dire che l’espressione di San Paolo rappresenta il profilo del nostro San Nicola.
TEKSAS