IL CASTELLO
Nel 1411 Racale venne infeudata ai Tolomei, che rimasero Signori del paese per circa due secoli. La loro famiglia era originaria di Siena (per questo diverse fonti la ricordano col nome di De Senis) e ricevette notevole fama da Dante Alighieri, che nella sua commedia celebrò in modo indimenticabile una antenata dei nostri, Pia dei Tolomei, (Purg. V, 133-135).
«ricorditi di me, che son la Pia:
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma»
«ricordati di me, che sono Pia (de' Tolomei);
nacqui a Siena e fui uccisa in Maremma;
lo sa bene colui che, dopo avermi chiesto in sposa, mi aveva dato l'anello nuziale».
Ad ottenere Racale fu Puccio Tolomei, il quale, probabilmente costruì il castello, o meglio a lui risalirebbe la parte più antica di esso pervenuta fino a noi, mentre nulla esclude che già prima esistesse un qualche fortilizio costruito dai Signori precedenti. L’arme dei Tolomei, con due crescenti (termine che in araldica indica il quarto di luna) in capo ed in punta orna ancora il cornicione marcapiano dell’atrio originario del maniero (prospetto Ovest), sul lato dove, oggi, si trova la piccola cappella dedicata a San Giorgio. Purtroppo dalla sua costruzione fino ai nostri giorni, il Castello ha subito tante di quelle trasformazioni ed aggiunte da presentarsi ora con l’aspetto di un palazzo gentilizio perdendo, di fatto, la sua aria di fortezza. Ma basta varcare il raffinato portone, opera dei Baroni Basurto realizzata nel ‘700 insieme a tutta l’ala sinistra della costruzione, ed introdursi, dopo un breve cammino, attraverso quella che dovette essere l’entrata originaria, nell’atrio interno, per rendersi conto come le aggiunte dei secoli successivi non siano riuscite a nascondere del tutto l’antico impianto quadrato con Torri, anch’esse quadrangolari, agli angoli più una al centro sul fianco ovest. Di esse se ne conservano ancora due, con i loro merli corrosi dal tempo, le altre sono andate distrutte e non più ricostruite. L’atrio del nucleo quattro-cinquecentesco oggi presenta forma quadrangolare con lati di circa 11 metri e come si può constatare i prospetti interni rivelano caratteristiche architettoniche notevolmente differenziate sul piano stilistico, il più elegante dei quali risulta essere il fronte ovest abbellito da un loggiato ad archi a tutto sesto poggianti su colonne singole rette da basi parallelepipede. Il prospetto sud non presenta alcun motivo ornamentale se non quello offerto da notevoli beccatelli che sorreggono al primo piano un ballatoio che lo attraversa interamente. Sul fronte est si apre l’attuale scalone di accesso al primo piano ed al ballatoio su mensole. È certo che nel sec. XV le caratteristiche dell’atrio dovevano essere assai diverse da quelle da noi sopra tratteggiate; infatti in esso era inglobata la chiesa di San Giorgio che restò fino alla demolizione, avvenuta nel secolo successivo, la parrocchiale del paese. Dall’analisi degli elementi a nostra disposizione, dunque, si può dedurre che il nucleo primitivo del castello presentava gli appartamenti del barone solo sui lati ovest e nord, delimitati e muniti alle estremità di torri, ancora esistenti; il lato sud doveva essere appoggiato alla muraglia della cinta urbana, e su quello est doveva collocarsi la chiesa di San Giorgio, che come tutte le costruzioni sacre della sua età si presume avesse uno sviluppo est-ovest. Nel momento in cui venne costruito il castello essa, che era preesistente, venne inglobata nelle sue strutture difensive, sicché residenza dell’autorità civile e sede di quella religiosa si venivano a trovare nell’angolo sud-ovest del paese inserite in una specie di cittadella fortificata. I lavori del sec. XVI non sono stati, quindi, di semplice adeguamento a nuove esigenze, ma di profonda trasformazione ed hanno rappresentato la premessa di numerosi altri interventi, che dal sec. XVIII in poi hanno del tutto modificato l’aspetto dell’antico maniero.
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